Finalmente riesco a prendermi 5 minuti per me e per il blog. In questo momento essere mamma e blogger non è facile perché il pargolo richiede molte attenzioni che io gli concedo volentieri. L’argomento di oggi comunque è in linea con il mio nuovo progetto #mammaaiuto, ovvero parliamo di maternità nel Romance con un’intervista alla scrittrice Paola Russo di cui ho appena letto “Come hai detto che ti chiami?”.

Maternità e Romance si può!

Alla domanda “Cos’è la maternità per te? Ma soprattutto, qual è il messaggio che vuoi traspaia dal tuo romanzo?” Paola mi ha risposto così:

“Nonostante scriva romanzi rosa, e quindi racconti dei sogni romantici, ho un approccio alla vita piuttosto pragmatico. Generalmente, prima di avere un figlio, l’idea della maternità tende a essere avvolta in una nuvola di “romanticismo”, ma la verità, quella vera, è che i figli sono soprattutto una grossa responsabilità.”

maternità e libro
Cover di “Come hai detto che ti chiami?” di Paola Russo, by Words Edizioni

Posso confermare ogni parola e posso dire che dalla storia raccontata nel libro di Paola il fattore “responsabilità di un bambino” è affrontato sotto tanti punti di vista.

“Mettere al mondo una creatura – continua Paola – non può essere il frutto del caso o di presupposti sbagliati: alla base ci deve essere una scelta consapevole e, naturalmente, dei sani sentimenti d’amore. In questo senso sia Santana che Brian si mostrano molto responsabili nella ricerca della migliore famiglia possibile per il bambino che non desiderano tenere.”

Santana è più grande di Brain. Potrebbe sembrare che le circostanze in cui i due diventano una famiglia siano irresponsabili. In realtà è tutto il contrario e siete curiosi di scoprire perché vi consiglio di leggere il libro.

“Amore e responsabilità – conclude la scrittrice – sono facce della stessa medaglia.” E direi che questo è il messaggio che il lettore si porta a casa leggendo il libro – oltre ad una buona dose di riflessione sul tema.

Ma… Conosciamo meglio Paola!

Come nasce la tua passione per la scrittura (soprattutto quella in rosa)?”

“Per diverso tempo il mio sogno nel cassetto è stato quello di scrivere una sceneggiatura. Vuoi però la per la mancanza di tempo, la sfiducia nelle mie capacità o la semplice pigrizia, non ho mai concretizzato alcunché, lasciando per anni latente questo desiderio di esprimermi creativamente. Finché un giorno,  in seguito a una sonora lavata di capo di mio marito (un cazziatone che recitava più o meno così: “per crescere come persona devi cimentarti in qualcosa di difficile, qualcosa che desideri fortemente realizzare anche se pensi sia al di sopra delle tue capacità”), ho cominciato a mettere nero su bianco una storia che mi ronzava in testa già da un po’. Due anni e mezzo dopo – e qualche diottria in meno – nasceva “Che Nessuno S’Innamori” il mio primo romanzo.”

paola russo scrittrice
Paola Russo, autrice di romanzi rosa

Quella che in origine doveva essere una sceneggiatura si è poi trasformata in un romanzo perché – nel frattempo -Paola viene a conoscenza dell’esistenza del self publishing. Un mezzo decisamente più idoneo a far conoscere la sua storia al pubblico.

“Scrivo rosa, e nello specifico commedie romantiche, semplicemente perché è il genere letterario che mi riesce più naturale, ma non mi precludo la possibilità di sperimentare altri generi in futuro.”

Paola adora i lieti fine?

Argomento spinoso quello del Romance e del lieto fine. Nel caso del testo in questione di Paola Russo, “Come hai detto che ti chiami?”, direi che io da lettrice me lo aspettavo. Ma cosa ne pensa l’autrice?

“Concordo! Si tratta di un argomento parecchio dibattuto. Io credo che ormai il genere rosa abbia assunto talmente tante declinazioni (dark, mafia, forbidden, ecc.) che garantire a tutti i costi un lieto non ha più questo gran senso. D’altra parte però, bisogna anche tenere in considerazione quello che si aspetta una lettrice/lettore quando acquista un romance, ovvero un rassicurante “e vissero tutti felici e contenti”.  Personalmente trovo che i finali “non lieti” ci abbiano regalato dei bellissimi romanzi, un esempio è sicuramente “Io prima di te” di Jojo Moyes che, a mio avviso, non poteva che finire in quel modo (non faccio spoiler). A questo punto molti potrebbero eccepire che quello della Moyes non è un romanzo rosa perché non finisce bene. Però a questo punto mi si dovrebbe spiegare che differenza c’è tra un romanzo d’amore e un romanzo rosa. E nulla, qui si aprirebbe un dibattito che mi sento di sintetizzare con un: “chi se ne importa se un romanzo che parla d’amore finisce bene o male, basta che sia una bella storia”.

Non ho altro da aggiungere.

Passerei ai personaggi: come sono nati Santana e Brain?

Quando ho letto il libro mi sono appassionata alla figura di Brain (un pò meno a quella di Santana, ma forse era voluto). Un ragazzo giovane d’età, ma così maturo, come pochi altri. Nerd, ma al tempo stesso interessante. Insomma, un personaggio meno macho e più intelligente, diverso dai soliti protagonisti maschili dei romance che leggo di solito.

che nessuno s'innamori
“Che nessuno s’innamori” è il primo romanzo di Paola Russo

Ma come nascono i personaggi dei romanzi di Paola Russo? “Per creare i personaggi dei miei romanzi mi ispiro, come la maggior parte degli autori, a libri,  film, serie tv e al mio vissuto.”

E Brain e Santana allora a chi sono ispirati? “Nello specifico, “Come Hai Hetto Che Ti Chiami” è  un mix tra “Prime”, un film del 2006 con Uma Thurman, Meryl Streep e Bryan Greenberg e “Incinta per caso”, una sit-com statunitense del 2009 con Jenna Elfman e Jon Foster. Ho amato entrambe le produzioni: alla prima ho voluto dare un finale alternativo, alla seconda una maggiore profondità preservando però il lato ironico.”

In questo secondo romanzo di autobiografico c’è solo qualche sfaccettatura inerente il tema della maternità, principalmente perché anche Paola ha affrontato momenti di difficoltà. “Come Europa – la sorella della protagonista – anch’io ho incontrato molte difficoltà nel concepire il mio unico figlio – racconta Paola – e so quanto addolori vedere donne che invece concepiscono senza desiderare minimamente la maternità. Sia chiaro, non sono assolutamente contraria all’aborto o dare in adozione il proprio figlio, ogni donna ha il diritto di decidere per se stessa come ritiene più opportuno e su questo non si discute, ma chi cerca di avere un bambino e non ci riesce, vive quel tipo di rinuncia come una grande ingiustizia.”